domenica 29 luglio 2007

Buon compleanno...



Al nostro duce!

Benito Mussolini presente!

venerdì 27 luglio 2007

ARCHEOFUTURISMO: NUOVA FRONTIERA DELLA TRADIZIONE?

Lo diciamo fin dall'inizio: il testo in questione è a dir poco impressionante, per l'innovazione che ha portato nel pensiero di destra odierno, ormai un po' ammuffito e statico, tanto che sempre più spesso si sente citare dogmaticamente Evola, e oltre pare non sia consentito spingersi. Guillaume Faye, giornalista francese proveniente dalla Nouvelle Droite di Alain De Benoist, ha realmente dato uno scossone alle cose; peccato che in pochi se ne siano accorti. L'archeofuturismo è, come si evince dal nome stesso, una sintesi di arcaismo e futurismo: il primo come alternativa alla Tradizione, il secondo come risposta alla modernità. Fondere Evola e Marinetti. Qualcuno storcerà il naso, dirà che Faye è un visionario, non totalmente a torto, dato lo scenario che dipinge. Ma stupisce la disarmante lucidità dell'analisi storica e politica, con cui convince il lettore di ogni sua tesi (o quasi, come vedremo in seguito).
Faye rileva con acutezza la devastante crisi in cui è piombata l'Europa "democratica", dall'avvento di una società multirazziale (per il nostro, multirazzista) al fatto che il sistema democratico sia entrato in un circolo vizioso per cui non soddisfa il volere del popolo, ma crea finti bisogni, ed agita spauracchi che ormai non interessano più a nessuno, si veda il solito noiosissimo antifascismo. Matrimoni tra omosessuali, depenalizzazione delle droghe leggere e quant'altro: tutto fumo negli occhi, per distogliere l'attenzione della gente dai problemi reali; anche se questo ormai dovrebbe averlo capito chiunque.
Uno dei problemi reali è appunto la colonizzazione allogena del suolo europeo, che a differenza di una crisi economica non si supera così facilmente, e può lasciare segni indelebili. In più è noto a tutti che la stragrande maggioranza degli immigrati sia di fede musulmana, e nonostante quello che ci vogliono far credere i media e le istituzioni sprofondate nel torpore più totale - come il popolo europeo del resto - l'islam non è una religione tranquilla e pacifica. Al contrario è una religione per natura imperialista, oscurantista e universalista, sempre pronta a imporre la propria fede ai popoli sottomessi, e convertire con la forza cancellando ogni cultura precedentemente sviluppatasi sul suolo conquistato: Anatolia bizantina, Persia zoroatriana, Nord-Africa ellenistico e romano, parte dei Balcani, chi più ne ha più ne metta. Inoltre l'islam tende a formare teocrazie totalitarie, che sono totalmente contrarie ai nostri principi, in quanto identitari e archeofuturisti. Se non avvenisse un drastico cambiamento delle cose, all'interno dello stesso popolo europeo, potremmo essere destinati a soccombere. Faye profetizza una scontro di civiltà (si fa per dire...), una vera e propria guerra di religione e di razza che dilanierà il ventunesimo secolo, "secolo di ferro e fuoco". Probabilmente è questione di decenni, forse di pochi anni. Il popolo europeo si prepara a divenire definitivamente il più debole al mondo, massacrato dalla colonizzazione allogena, e dal meticciato, mentre i popoli extraeuropei non subiscono tutto questo, e al contrario si rafforzano, e probabilmente si preparano allo scontro, consci che un giorno accadrà qualcosa, anzi desiderosi di questo evento per potersi rifare dei passati secoli di egomonia europea sul mondo. Mentre l'Europa sonnecchia, e l'unica speranza sarà un avvenimento che renda evidente a tutti la necessità di un brusco risveglio. L'islam propugna il meticciato, quindi quello di invadere "pacificamente" con migrazioni di massa è solo un altro modo per iniziare la vera e propria colonizzazione. Dopo un simile scenario, e un'Europa piombata nel caos, bisognerebbe costruire un futuro: questo futuro è l'Eurosiberia. Unione di tutti i popoli bianchi d'Europa da Brest allo stretto di Bering... E qui entra in gioco il concetto di Archeofuturismo, radicalmente contrapposto alla modernità decadente post-rivoluzione francese: mentalità arcaica-tradizionalista, cioè votata a principi immortali, ma libera dai dogmi, che sono peculiarità di una visione "fondamentalista" e - guarda caso - islamica-semitica delle cose (che noi ovviamente rifiutiamo), e che ci permetta di sviluppare la parte futurista, cioè tecnologica-scientifica, senza però cadere nell'illusione progressista ed egualitarista di un benessere a portata di tutti. E' la fine dell'egualitarismo, e il ritorno alla gerarchia, la fine del progressismo, questa mentalità malata che vede il bene nella degenerazione e nella decadenza della civiltà. La visione che Faye propone del futuro è quasi fantascientifica, ma in effetti abbastanza congeniale alle esigenze superiori del secolo che ci prepariamo ad affrontare: non c'è più spazio per la burocrazia sterile, per l'oligarchia degli incapaci, per i capricci di una determinata casta, per gli screzi tra i popoli europei. Il mondo descritto da Faye è composto da veri e propri colossi nazionali (quasi "imperiali"), e le città, all'interno delle quali si continua a vivere alla maniera ultratecnologica-scientifica, sono molto meno popolate rispetto a quelle del passato, mentre in ampie zone di campagna le popolazioni vivono come secoli fa, secondo lo stile di vita tradizionale, senza per questo essere meno felici (al contrario il fatto che lo stile di vita occidentale-moderno-tecnologico sia indispensabile alla vita di ognuno è un insensato mito di derivazione progressista). Infatti non è da sottovalutare l'impatto ambientale che una politica energetica come quella del ventesimo secolo potrebbe riservarci, e per questo saremo probabilmente costretti a regolarci di conseguenza...
Per quanto riguarda l'Islam come presunto alleato nella lotta al mondialismo marchiato USA, che tanto piace a "una certa destra", verso la quale comunque non nascondiamo simpatie, diciamo che è fondamentalmente un'illusione e niente di più: proprio in questi giorni (Luglio 2007) c'è stato un incontro tra l'ambasciatore americano e il suo collega iraniano in Iraq. Quest'incontro era relativo alla spartizione tra USA e Iran del territorio Irakeno, quindi sappiamo per certo che l'Iran non rappresenta proprio nessun baluardo anti-mondialista (inoltre la popolazione aryana non ne può più della dittatura oscurantista e liberticida dei beduini islamici...). La verità è semplicemente che la famosa ostilità americana nei confronti dei paesi islamici non esiste, o meglio esiste solo nei confronti di paesi che osano troppo o che interessano agli USA per risorse energetiche, posizione geopolitica e quant'altro. Perché gli USA non attaccano l'Arabia Saudita che foraggia ampiamente il radicalismo islamico e i gruppi terroristici ad esso connessi? I soliti motivi, i soliti interessi dei soliti noti. L'Islam è già in "coopetizione" (cooperazione+competizione) con gli USA per il controllo dell'Europa, e i due concorrenti sembrano scambiarsi favori. Gli USA vedono trionfare il loro modello nefasto della società multirazziale distruttrice di civiltà, l'Islam sfrutta questo modello per colonizzare l'Europa. Un circolo vizioso. E come è ridicolo credere che l'Islam sia un baluardo anti-americano è ovviamente altrettanto ridicolo credere che gli USA siano un baluardo anti-Islam. Tutto dipende da situazione a situazione, dagli interessi in gioco, ma sicuramente non è uno scontro ideologico; ci sembra superfluo dirlo, ma pare che qualcuno non l'abbia ancora capito.
Veniamo alle due piccole cose che non ci sono piaciute tra le tesi esposte da Faye: secondo l'autore gli USA non sarebbero una nazione nemica dell'Eurosiberia, ma al limite un concorrente, poiché non hanno mai minacciato l'Europa con l'uso delle armi, al contrario di quanto fece l'URSS. Ovviamente questo è falso. Perché non si può pensare all'Eurosiberia del futuro e ragionare in termini che sono quelli del ventesimo secolo, cioè l'Europa democratica (o come preferiamo dire in memoria dei bei tempi, plutocratica) asservita agli USA. Infatti gli USA ostacolerebbero in ogni modo la creazione di una Federazione Eurosiberiana, intravedendo in questa nazione una potenza mondiale di portata sicuramente superiore a quella che è la loro. Tuttavia è anche vero che nella situazione ipotizzata da Faye gli USA non avrebbero più alcun potere, quindi potrebbero ostacolare ben poco. Ma appunto, essendo questa un'ipotesi, dobbiamo tenere presente che ci sono moltissime altre possibilità.
La seconda nostra perplessità riguarda l'ingegneria genetica, campo nel quale a nostro parere Faye esagera nel fantasticare, pensando alla creazione di ibridi umano-animali ed esseri umani decerebrati da usare come banche di organi. Questo decisamente non ci piace, come non sarà piaciuto a molti altri, ma è solo un'imperfezione in quello che è il quadro di elevatissimo livello intellettuale realizzato da Faye.
In conclusione "Archeofuturismo" di Guillaume Faye è un testo che chi è di destra dovrebbe leggere per forza, se non altro per guardare a qualcosa di nuovo uscendo dai soliti schemi: filoamericani e antiamericani oggi ci hanno stancati, dobbiamo iniziare a guardare meno all'estero e pensare più agli affari di casa nostra, in un'ottica di vero e proprio nazionalismo europeo, o per dirla con Faye, eurosiberiano.

Se qualcuno volesse leggere il testo in questione lo può trovare, da stampare, a questo link: www.uomo-libero.com/articolo.php?id=313

mercoledì 18 luglio 2007

Lettera aperta a Liberazione (di Adinolfi)

Compagno direttore,

in prima pagina di Liberazione di venerdì 13 luglio venivo chiamato in causa dal suo impiegato occasionale Andrea Colombo (che mi risulta essere dipendente fisso del Manifesto, non del suo giornale).
Costui, evidentemente ignaro di come si erano svolti i fatti di Casal Bertone, di certo ancora all'oscuro della versione ufficiale della Prefettura ed evidentemente privo di scrupolo critico, dava per scontato che di aggressione fascista si fosse trattato e non, come acclarato in seguito, di un'aggressione comunista ai fascisti riuscita male. Comunque, nell'intento serafico di metter freno a una spirale di violenze, additava il sottoscritto come fomentatore di odi. Evidentemente non si è mai preso la briga di leggere i miei articoli (che si trovano in archivio sui miei blog) che vanno tutti in senso opposto e gettano acqua sul fuoco in ogni circostanza, anche dopo attentati dinamitardi compiuti a luoghi di ritrovo a me cari, quali il Cutty Sark.
Il Colombo preferiva estrapolare una mia presa di posizione successiva ai fatti di Villa Ada; la quale presa di posizione era rivolta a Veltroni ed Alemanno ai quali chiedevo perché mai fossero stati così solerti nel condannare un fatto ancora non acclarato. E facevo anche notare che lo slogan del concerto, che era “ama la musica, odia il fascismo”, istigava appunto all'odio ed era quindi censurabilissimo e non privo di gravi responsabilità oggettive. Chi semina vento, si sa, raccoglie tempesta. E chi abbia remore ieologiche o morali a prendere posizioni realmente serene ed eque, censurando certi avventurismi pericolosi e infidi, prendendosela solo con chi reagisce e mai con chi provoca, non fa che alimentare la spirale della violenza. Questo sottolineavo ed ecco che il suo impiegato casuale, con approssimazione dialettica, rovesciava il senso della mia messa in guardia e mi inseriva tra i “cattivi maestri”. Sconsideratemente? Superficialmente? Per preconcetto? Sia quel che sia, ma, intanto, ecco pronta una pista – o meglio un depistaggio – per eventuali futuri sviluppi cruenti agli anni Settanta.

Chi vuole di nuovo gli opposti estremismi?

Chi sta operando per il ritorno di violenze cieche e per il rilancio degli opposti estremismi?
Questa domanda dovrebbe porsi il suo impiegato part-time, Andrea Colombo; questa domanda dovreste porvi un po' tutti facendo magari un bell'esame di coscienza (ma la coscienza non è purtroppo così diffusa ai giorni nostri, necessitando di lucidità metafisica).
Tanto per cominciare il signor Colombo si stupisce che stia nascendo un clima da anni '70. Come se certa pubblicistica sugli Anni di Piombo, fatta da giornalisti di sinistra quali Luca Telese e lo stesso Andrea Colombo, non avesse come effetto collaterale precisamente un revival in tal senso, visto che l'operazione editoriale è del tutto ingiustificata da ogni altra angolazione, principalmente dal punto di vista della ricostruzione storico-psicologica che è sempre imprecisa, distorta, fuorviante e anni luce lontana dal reale.
Guarda caso, questo campanello d'allarme lo suonavo in tempi non sospetti proprio io, inizialmente isolato nel mio ambiente nella valutazione controcorrente di “Cuori Neri”.
C'è di più; e soprattutto voi dovreste saperlo. Vi è la difficoltà compresnibile della sinistra (che in questi giorni si appresta a rinunciare anche all'appellativo radicale) nel giustificare se stessa ai suoi, nel sostenere il suo ruolo in quel governo iperlibersita, ultraoccidentalista e antisociale nel quale è costretta a vegetare per necessità di cassa e di sottopotere.
Cosa di meglio di un bell'antifascismo per distrarre la base?
Sbaglierò, ma a me pare che anche Nunzio D'Erme la veda così; almeno a giudicare dal suo comunicato stampa che non mi è parso peregrino affatto.

Esperti ignoranti

Forse il suo dipendente momentaneo, Andrea Colombo, farebbe meglio a riflettere su queste mie affermazioni invece di vaneggiare a proposito di mie intenzioni diverse. Ma, per farlo, dovrebbe interessarsi un minimo ai miei scritti e alle mie opere. Cosa aspettarsi però da qualcuno che mi definisce “leader di Forza Nuova”? Va bene che le caratteristiche antropologiche sono predominanti su tutta un'altra serie di considerazioni, ma il fatto che io sia programmaticamente, metodologicamente, strategicamente, lessicalmente, simbologicamente e spiritualmente attirato da ben altri riferimenti rispetto a quelli di FN, fatto che non è un mistero per nessuno, credo che abbia un minimo di valenza.
E cosa vogliamo fare, compagno direttore, far commentare le evoluzioni della destra radicale da un osservatore che prende una cantonata di questa portata?
Vogliamo dar credito a osservatori così superficiali e ignoranti (nel senso che ignorano il soggetto di cui parlano)?
Forse è meglio così. Lo è se si vuole alimentare la spirale della violenza e tracciare dei solchi insuperabili che proprio l'ignoranza, il preconcetto e la superficialità condite da pregiudizio ideologico permettono di tracciare.

La pace dei bravi

Se si volesse, invece, lavorare per una sana tregua, le cose anderebbero diversamente. Basterebbe chiedere a Tassinari, a Scalzone, a Fosso come la penso sui miei avversari e sugli opposti estremismi. Basterebbe leggere i miei libri e i miei articoli, basterebbe osservare che proprio sabato scorso, quando le responsablità del Centro Sociale di Casal Bertone nell'aggressione fortunatamente mal riuscita ai ragazzi della Fiamma erano oramai di dominio pubblico, scrissi che in ogni caso quel “covo” (a parti invertite voi lo chiamereste così ) non va sgombrato e che quei militanti agguerriti sono più meritevoli di tanti totalitaristi soft.
Basterebbe, se lo si volesse, invece di gettare sassi in piccionaia, fare un passo per cercare una “pace tra bravi” alla quale darei il mio sicuro contributo. Ma, compagno direttore, siamo sicuri che voi la volete questa pace e che non preferite – proprio voi – il ritorno dell'antifascismo/anticomunismo, con tanto di Anni di Piombo?

Liste di proscrizione

Perché, compagno direttore, non possiamo dimenticare che tre mesi fa un articolo denuncia, con tanto di mappatura di fascisti, indicati uno ad uno come criminali, campeggiava a tutta pagina proprio su Liberazione in imminenza dell'apertura a Milano del Centro Culturale e Sociale Cuore Nero.
Non possiamo far finta di dimenticare, compagno direttore, che quell'articolo si chiudeva con una vera e propria istigazione alla violenza. Non possiamo neppure esser presi da improvvisa amnesia o da incapacità sinattica e non sottolineare come il locale di Cuore Nero venisse completamente distrutto poche ore dopo la pubblicazione di quell'articolo.
Né sarebbe inopportuno ricordare la freddezza di nervi dei “mostri” di Cuore Nero - Hammerskin, Hooligans ecc - la maturità dimostrata da questi “bruti” nel non reagire a provocazioni per le quali, a parti invertite, si starebbe ancora oggi a strillare.
E, tanto per la cronaca, uno dei suoi tanti compagni giornalisti presenti alla festa che fu organizzata in risposta alle bombe, potrebbe suggerire al suo collaboratore occasionale Colombo quale fu il pensiero da me espresso e come mettessi tutti in guardia dalle trappole degli opposti estremismi.

Ancora liste di proscrizione

Quel dossier apparso su Liberazione incendiò le polveri e non solo figuratamente. Fummo noi, compagno direttore, a fare i pompieri.
Ma il dubbio che non si trattasse solo di un irresponsabile incidente di percorso, se permettete non ce lo togliamo di testa. Specie ora che sulla rivista “Diario” l'immancabile Saverio Ferrari dedica ben quattro pagine e mezzo a denunciare dettagliatemante tutti i fascisti di Milano - e che si recano a Milano - in un nuovo dossier intriso d'ostilità e funzionale alla violenza. Ed ha poi la faccia di tolla di concludere la sua caccia alle streghe con questa frase capolavoro “Circola da tempo un vecchio dossier con tanto di foto, nomi, indirizzi e luoghi frequentati dagli avversari di sinistra”!...

Lotta Continua bis?

Insomma, compagno direttore, rieccovi alle tecniche di Lotta Continua, l'organizzazione il cui leader, Sofri, ci ha recentissimamente confessato aver avuto contatti con i massimi gradi dei servizi segreti, contatti non tanto periferici se ha finito col ricevere da questi proposte di omicidi su commissione.
Ottimo esempio, compagno direttore, non c'è che dire!
E furono proprio quei dossiers di LC, compagno direttore, insieme con le imprecisioni grossolane dei tanti Colombo d'antan, a fornire tanta benzina per l'incendio della strategia della tensione e degli Anni di Piombo.
Questo voi lo sapete e non potete più incorrere nell'errore di avviare la ripetizione di quegli schemi salvo poi uscirne con un “non immaginavamo”. Né sarebbe sufficiente o moralmente accettabile – se non altro per i vostri che verrebbero stritolati da questo gioco al massacro che prevede feriti, morti e secoli di detenzione – ricorrere alla tecnica scaricabarile stile quella di Ferrari su “Diario”.
Quindi, compagno direttore, io vi chiedo: vogliamo piantarla?
Vogliamo evitare di gettare allo sbaraglio per niente ragazzi che della politica non hanno fatto un mestiere, una carriera?
Vogliamo farla finita con i giochini torbidi e idioti e con tutte le ambiguità?
Oppure abbiate il coraggio di dirci chiaramente che volete lo scontro per mascherare le difficoltà politiche nelle quali vi siete impantanati.
Scegliete, insomma, ma, invece di inventar storie e leggende, fate qualcosa, di preciso e definitivo: qualcosa da uomini!

Gabriele Adinolfi

martedì 17 luglio 2007

Archeofuturismo di Guillaume Faye

http://www.uomo-libero.com/index.php?url=%2Fautore.php%3Fid%3D12&hash=

testo completo

"Bisogna farla finita con il pensiero debole quando stanno tornando con prepotenza sulla scena i veri problemi fondamentali. Per alcuni, molte delle mie proposte possono sembrare ideologicamente criminali, in rapporto all'ideologia egemone e al coro pseudo-virginale dei benpensanti. E infatti lo sono."

martedì 10 luglio 2007

Citazioni di Léon Degrelle

Siamo uomini in quanto apparteniamo a un popolo, a un suolo, a un passato. E’ possibile non saperlo, è possibile tentare di dimenticarlo. Ma gli avvenimenti provvedono presto a ricondurci alle fonti della vita. Leon Degrelle

Che il destino ci trovi sempre forti e degni! Leon Degrelle

Felice chi non è schiavo delle circostanze, chi sa godere del piacere esteriore quanto farne a meno. Leon Degrelle

La pazienza è la prima delle vittorie, la vittoria su sé stessi, sui propri nervi, sulla propria suscettibilità. Leon Degrelle

Coll’affetto e coll’esempio si può tutto. Leon Degrelle

Morire vent’anni prima o vent’anni dopo poco importa. Quel che importa è morir bene. Soltanto allora inizia la vita. Leon Degrelle

Guerra significa non solo combattimento. Significa anche una lunga serie – a volte massacrante, a volte spossante – di rinunce silenziose, di sacrifici quotidiani, privi di importanza. Dunque la virtù si forgia nel medesimo modo. Leon Degrelle

Solo coloro che hanno fede sfidano e rovesciano il destino! Credeteci! E lottate! Il mondo, lo si perde o lo si prende! Prendetelo! Nel deserto umano, in cui belano tanti montoni, siateci leoni! Forti come loro! E come loro intrepidi! E che v’aiuti l’Iddio! Salve, camerati! Leon Degrelle

Il Manifesto del Futurismo - Le Figarò, 20 Febbraio 1909

1-Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

2-Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3-La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4-Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità

5-Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6-Bisogna che il poeta si prodichi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7-Non vi è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.

8-Noi siamo sul patrimonio estremo dei secoli! poichè abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.

9-Noi vogliamo glorificare la guerra-sola igene del mondo-il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore

10-Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria

11-Noi canteremo le locomotive dall'ampio petto, il volo scivolante degli areoplani. E' dall'Italia che lanciamo questo manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il Futurismo

lunedì 2 luglio 2007

Il mondo è piombato in un'età oscura (di Julius Evola - Vishnu Purana)

È più o meno noto che mentre l’uomo moderno ha creduto e, in parte tuttora crede al mito dell’evoluzione, le civiltà antiche quasi senza eccezione e perfino le popolazioni selvagge riconobbero invece l’involuzione, il graduale decadere dell’uomo da uno stato primordiale concepito non come un passato semiscimmiesco ma come quello di un’alta spiritualità.

La forma più nota di tale insegnamento è il mito di Esiodo circa le quattro età del mondo – dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro – le quali corrispondono a gradi successivi dell’accennata discesa o decadenza. Del tutto analogo è l’insegnamento indù circa gli yuga, cicli complessivi e successivi che sono ugualmente in numero di quattro e che da una “età dell’essere” o “della verità” – satya yuga – vanno fino ad una “età oscura” – kali yuga. Secondo tali tradizioni, i tempi attuali corrispondono all’epicentro proprio di quest’ultimo periodo: noi ci troveremmo nel bel mezzo della “età oscura”.

Benché la formulazione di tali teorie sia antichissima, di fatto i caratteri previsti per “l’età oscura” corrispondono in modo abbastanza sconcertante alle caratteristiche generale dei tempi nostri. Se ne può giudicare da alcuni passi che traiamo dal Vishnu-purana, testo che ci ha conservato gran parte del tesoro delle antiche tradizioni e degli antichi miti dell’India. Noi ci siamo limitati ad aggiungere, fra parentesi, alcune delucidazioni e a sottolineare le corrispondenze più evidenti.

Per incominciare:

“Razze di servi, di fuori casta e di barbari si renderanno padroni delle rive dell’Indo, del Darvika, del Candrabhaga e del Kashmir... I capi che regneranno sulla terra, come nature violente... si impadroniranno dei beni e dei loro soggetti. Limitati nella loro potenza, i più sorgeranno e precipiteranno rapidamente. Breve sarà la loro vita, insaziabili i loro desideri ed essi quasi ignoreranno cosa sia la pietà. I popoli dei vari paesi, ad essi mescolandosi ne seguiranno l’esempio.” (Si tratta di quelle nuove invasioni barbariche con conseguente immissione del virus del materialismo e della selvaggia volontà di potenza propria all’Occidente moderno in civiltà ancora fedeli e millenarie, sacre tradizioni. Tale processo, come si sa, in Asia è in pieno sviluppo).

“La casta prevalente sarà quella dei servi” (epoca proletario-socialista: comunismo). “Coloro che posseggono diserteranno agricoltura e commercio e trarranno da vivere facendo servi o esercitando professioni meccaniche” (proletarizzazione e industrializzazione).

“I capi invece di proteggere i loro sudditi, li spoglieranno e sotto pretesti fiscali ruberanno le proprietà alla casta dei mercanti” (crisi della proprietà privata e del capitalismo, statizzazione comunista della società).

“La sanità (interiore) e la legge (conforme alla propria natura) diminuiranno di giorno in giorno finché il mondo sarà completamente pervertito. Solo gli averi conferiranno il rango. Solo movente della devozione sarà la preoccupazione per la salute fisica, solo legame fra i sessi sarà il piacere, sola via al successo nelle competizioni sarà la frode. La terra sarà venerata solo per i suoi tesori minerali” (industrializzazione ad oltranza, morte della religione della terra). “Le vesti sacerdotali terranno il luogo della dignità del sacerdote. La debolezza sarà la sola causa dell’obbedire (fine degli antichi rapporti di lealismo e di onore). “La razza sarà incapace di produrre nascite divine. Deviati da miscredenti, gli uomini si chiederanno insolentemente: “Che autorità hanno i testi tradizionali? Che sono questi Dei, che è la casta detentrice dell’autorità spirituale? (Brahmana)”. “Il rispetto per le caste, per l’ordine sociale e per le istituzioni (tradizionali) verrà meno nell’età oscura. I matrimoni in questa età cesseranno di essere un rito e le norme connettenti un discepolo ad un maestro spirituale non avranno più forza. Si penserà che chiunque per qualunque via possa raggiungere lo stato di rigenerati (è il livello democratizzante delle pretese moderne della spiritualità) e gli atti di devozione che potranno ancora esser eseguiti non produrran no più alcun risultato. Ogni ordine di vita sarà uguale promiscuamente per tutti” (conformismo, standardizzazione). “Colui che distribuirà più danaro sarà signore degli uomini e la discendenza familiare cesserà di essere un titolo di preminenza” (superamento della nobiltà tradizionale). “Gli uomini concentreranno i loro interessi sull’acquisizione, anche se disonesta, della ricchezza. Ogni specie di uomo si immaginerà di essere pari ad un brahmana” (pretese prevaricatrici della libera cultura accademica; arroganza dell’ignoranza). “La gente quanto mai avrà terrore della morte e paventerà l’indigenza: solo per questo conserverà forma (un’apparenza) di culto. Le donne non seguiranno il volere dei mariti o dei genitori. Saranno egoiste, abiette, discentrate e mentitrici e sarà a dei dissoluti che si attaccheranno. Esse diventeranno semplici oggetti di disfacimento sessuale”.

Se l’attualità di tale profezia del Vishnu-purana ha tratti difficilmente contestabili, per il significato complessivo di esso bisognerebbe aver un senso del punto di riferimento, ossia di ciò che sarebbero state le origini, lo stato da cui via via l’umanità sarebbe decaduta. Ma che significato oggi potrebbero avere, per i più, termini come “età dell’essere” e “età dell’oro”? Purtroppo si ridurranno a semplici, vuote reminiscenze mitologico-letterarie.

Nel testo in questione varrebbe la pena di notare due motivi ulteriori che mitigano alquanto le tetre prospettive dell’età oscura. Vi accenneremo soltanto. Il primo è l’idea che chi, essendo nato nel Kali-yuga, malgrado tutto sa riconoscere i veri valori e la vera legge, raccoglierà frutti sovrannaturali difficilmente raggiungibili in tempi più facili. “Pessimismo eroico” direbbe un Nietzsche e questa idea non è estranea allo stesso cristianesimo. Il secondo punto è che lo stesso Kali-yuga, per rientrare in uno sviluppo ciclico cosmico più vasto, avrà esso stesso una fine. Per via di un fatto non semplicemente umano si produrrà un mutamento generale. Ne seguirà una specie di rigenerazione, un nuovo principio. Speriamo che sia così e soprattutto che, prima, non si debba giungere proprio sino in fondo alla china, con le delizie che “l’era atomica” ci riserva.


Julius Evola

domenica 1 luglio 2007

Comprereste un'auto usata da quest'uomo? (di Domenico Savino)




La politica è l’arte del possibile.
Se c’è di mezzo lui, Gianfranco Fini, anche dell’impossibile.
La sua linea politica è la svolta; se avesse un quotidiano tutto suo, lo chiamerebbe: «Svolta continua».
E’ partito da Destra ed è arrivato chissà dove.
Qualche giorno fa si è celebrato il 60 anniversario della nascita del MSI; mancava proprio lui, che ne è stato l’ultimo segretario.
Al congresso di Fiuggi aveva rimpicciolito la Fiamma, pronunciando una frase che sarebbe rimasta famosa: «Usciamo dalla casa del padre con la certezza che non vi faremo ritorno».
Ai militanti non aveva detto che sarebbero finiti in affitto.
Da neofascisti sono divenuti … ANisti; per chi stava in un partito macho, una beffa.
Dove c’è lui, c’e spazio per tutto e niente, tutto è un valore irrinunciabile, fino alla rinuncia.
Nel suo simbolismo ci sta la coccinella e l’elefante, il tutto e il di più, ma… «Sotto il Partito, niente».
Segno zodiacale: camaleonte.
La Destra è morta e nemmeno per nobili Fini.
La Destra era Dio, Patria, Famiglia, Tradizione mischiata a Futurismo, un po’ di reducismo e nostalgia, un po’ di feticismo e goliardia, saluti romani, circoli evoliani, nobiltà e sottoproletariato, più di un militante spampanato, un crogiuolo di idee e lacerazioni, di faide, di sette, di fazioni, uniti da idea di alternativa, improbabile, imprecisa: la destra era povera, ma viva e nonostante tutto affascinava.
Fu su questo mondo fatto di scarti della storia, di «rifiuti» culturali, di tipi umani originali, di caratteri asociali, di anarchici dell’ordine, di piccolo-borghesi un po’ frustrati, di qualche imprenditore pazzo e originale, di più di un fior di intellettuale, di salotti un po’ attempati, di militari e congiurati, di giovanotti aitanti e militanti, di signorine un po’ accaldate e ragazze combattenti; il MSI tenne per anni la piazza e una rappresentanza parlamentare decorosa e finanche significativa (era pur sempre la quarta forza politica italiana e all’inizio degli anni ‘70 tallonava da vicino il PSI).
Le sue fortune politiche esplosero in coincidenza con le disavventure altrui. In concomitanza con Tangentopoli, il partito della Fiamma senza bisogno di abiure di sorta, né di cambiamenti di nome, di simbolo, di DNA si attestò attorno al 12% dei voti, ma in alcune aree del Paese toccò e supero il 30% dei voti. Più o meno come l’attuale AN.
Roma per qualche anno fu la capitale «nera» d’Italia.
I quartieri popolari regalarono al partito di Fini percentuali di voto straordinarie.
L’anima sociale e popolare della Destra, quella che negli anni ’70 aveva incendiato Reggio Calabria, tornava prepotentemente alla ribalta.

Era un partito caotico - si capisce! - travolto da insolito successo, che certo necessitava di una ristrutturazione, ma che aveva dentro di sé alcuni lasciti da non sperperare: l’immagine di pulizia (dovuta anche al fatto di essere stato escluso da ogni spazio di potere), di ordine, di legalità, di identità nazionale, di socialità, di statualità, di autorità, di valori antichi.
Era un partito di facciata neofascista che oscillava tra un gollismo occidentalista, di cui Fini dopo Almirante divenne leader ed un terzaforzismo paneuropeista e differenzialista - l’ala rautiana - che poteva contare su un buon terzo dei consensi interni e che nel 1990 riuscì a conquistare la segreteria fino al luglio del 1991, quando l’utopia dello sfondamento a Sinistra lo fece precipitare a percentuali da PDUP.
Poi tornò Fini e la fortuna lo baciò in fronte, perché nel giro di due anni, mentre il MSI faticosamente riguadagnava i voti perduti, scoppiò lo scandalo di Tangentopoli.
Occasionalmente Fini era segretario e passò all’incasso: non per meriti particolari, poiché in quello sconquasso istituzionale chiunque fosse apparso estraneo al sistema avrebbe mietuto i frutti della protesta.
Il MSI, poi, nel raccogliere il voto di protesta era da sempre stato maestro e in quella circostanza lo fece con l’arma che gli era più congeniale: populismo, giustizialismo, pulizia morale, rivendicazione di radici e diversità.
Gridava allora Fini: «Basta con il garantismo, basta con questa larva di Stato impotente, basta con la legge che premia i delinquenti e abbandona i cittadini onesti!»; «i capi mafiosi vanno passati per le armi, bisogna ripulire il Paese dal cancro della malavita»; «dalla questione morale non si esce se i magistrati non andranno fino in fondo e chi parla di congiure e complotti ha invece il dovere di rinunciare all’immunità parlamentare!»; «la questione morale deve diventare l’Algeria della Repubblica italiana nata dalla Resistenza!».
Resta memorabile la lettera inviata a Francesco Saverio Borrelli il giorno dopo che il Parlamento aveva votato no all’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi: «Lo sdegno e l’amarezza che pervadono la Nazione di fronte allo scandaloso verdetto di autoassoluzione che il regime si è confezionato con il voto dell’aula di Montecitorio sul caso Craxi sono da noi interamente condivisi. La nostra forza politica chiede l’immediato scioglimento delle Camere e nuove elezioni proprio per consentire alla giustizia di procedere nel suo corso senza intollerabili franchigie e pretestuosi ostacoli. Che sia il popolo sovrano, nel nome del quale la giustizia si esercita, a superare l’inammissibile scudo della immunità parlamentare e a consentire ai giudici italiani di svolgere sino in fondo la loro irrinunciabile funzione. Con i più cordiali, deferenti saluti».
Poi arrivò il successo; e il successo, si sa, dà alla testa; e cambiò tutto.Di Borrelli nella primavera del ‘97 dirà: «Borrelli vive uno sfrenato protagonismo, Davigo è sopra le righe, questi pensano di essere una casta sacerdotale di aristocratici».
E poi tre mesi dopo continua: «Dobbiamo liberarci della malattia infantile del giustizialismo».
Alla fine del ‘99 si lamenta: «Si continua a fare un uso politico della giustizia per eliminare dalla scena gli avversari politici».
E vota contro le autorizzazioni a procedere o all’arresto richieste non solo per Cesare Previti.
Con tanti saluti all’Algeria della Repubblica italiana nata dalla Resistenza!
Da allora in poi comincia l’era infinita delle svolte.
Le Pen è archiviato, il gollismo sostituito da una direzione di marcia che punta oramai verso la Destra tecnocratica di Giscard e che già era degli azionisti del vecchio PRI di La Malfa, tanto caro ai salotti buoni della finanza italiana.
Cossiga - che di massoni se ne intende - lo definisce il Tony Blair della Destra.
Freddo, pragmatico, a-morale Fini abiura tutto l’abiurabile e nel giro di pochi anni (e talvolta perfino di qualche mese o settimana) si appropria del più disinvolto laicismo, del più improbabile occidentalismo, del più sfacciato liberismo, voltando le spalle a quei milioni di elettori che erano di Destra non solo perché anticomunisti, ma perché portavano dentro di sé un mondo magari confuso, ma pieno di valori.
Fini li lascia orfani e tristi.
La grande stampa plaude, i militanti di vecchia data piangono.
Qualcuno se ne va.
Fini è l’uomo che l’8 maggio del 1988 al cinema Adriano aveva consegnato al leader della Destra nazionalista francese Jean-Marie Le Pen la tessera «ad honorem» del MSI, dicendo: «Il Msi-Dn, come Le Pen, non è razzista nei confronti dei diversi. Ma ciò non può significare fare finta di nulla per il pericolo di una progressiva perdita di identità nazionale».
Fini è anche il segretario di partito, che, ad un Berlusconi che si affannava a strappargli via l’immagine di fascista, replicava: «Sono un postfascista, ma sarebbe meglio dire un fascista nato nel dopoguerra».
Fini è l’uomo che nel libro «Il fascista del Duemila» di Corrado De Cesare afferma: «Sono convinto che l’intuizione mussoliniana di una terza via alternativa al comunismo e al capitalismo sia ancora oggi attualissima. Il nostro compito è di attualizzare, in una società postindustriale alle soglie del 2000, gli insegnamenti del fascismo che con la Carta del lavoro del 1927, l’Umanesimo del lavoro di Gentile e i 18 punti di Verona della RSI, ha lasciato un testamento spirituale, dal contenuto profondamente sociale, dal quale non possiamo prescindere».
Oppure: «Credo ancora nel fascismo, sì, ci credo» (19.8.1989) e come se non bastasse «Nessuno può chiederci abiure della nostra matrice fascista» («Il Giornale», 5.1.1990).Fini è l’uomo che parlava di Mussolini definendolo «il più grande statista del secolo» e «un esempio di amore per la propria terra e la propria gente», che «se vivesse oggi, garantirebbe la libertà degli italiani» (30.9.1992), sostenendo che un giorno l’Italia lo avrebbe dovuto riabilitare e «insieme a Cavour, Mazzini e Garibaldi, anche a lui saranno intitolate piazze e monumenti» («Il Giornale» 19.10.1992).
Fini è l’uomo che ammoniva sul fatto che tutti devono interrogarsi «sul fascino che le nostre idee conservano tra le nuove generazioni a cinquant’anni dalla caduta del fascismo».
Fini è l’uomo secondo cui «’identità che il MSI orgogliosamente rivendica non è tesa a restaurare il regime fascista, bensì a rilanciare i valori che quel regime teneva ben presenti ed elevò alla massima dignità».
Fini è l’uomo che nel ‘91 scriveva: «non occorre impostare un rilancio del MSI su una operazione di ridefinizione ideologica. Tutti quanti diciamo che siamo i fascisti, gli eredi del fascismo, i postfascisti o il fascismo del Duemila», ma già lanciava una strategia: «Per essere di nuovo determinante il MSI deve saper essere anche figlio di puttana».
Fini è l’uomo che nel ‘92 gridava: «E’ più che mai attuale il ‘Boia chi molla’ di Ciccio Franco».
E ancora il 7 maggio di quello stesso anno così salutava: «Ai combattenti della Decima Mas, espressione più alta del valore dei nostri soldati, va il cameratesco saluto di tutto il MSI... Ognuno di voi, e con voi tutti i combattenti delle Forze Armate della RSI, rappresenta la prova che chi è vinto dalle armi ma non dalla storia è destinato a gustare il dolce sapore della rivincita... Dopo quasi mezzo secolo, il fascismo è idealmente vivo...».
Fini è l’uomo che un anno dopo rivendicava: «A cinquant’ anni dalla fine della guerra nessuno può pretendere che il MSI faccia in qualche modo un’abiura di ciò che è stato. Non dobbiamo sconfessare un bel niente».
Fini è l’uomo che ancora nel ‘94 ribadiva: «Mussolini è stato il più grande statista del secolo ...»
Ci sono fasi in cui la libertà non è tra i valori preminenti» e alla domanda se Berlusconi potesse eguagliarlo, rispondeva: «Berlusconi dovrà pedalare per dimostrare di appartenere alla storia come Mussolini».
Fini è l’uomo che nel 2003, giusto un anno prima di (o al fine di - fate voi …) divenire ministro degli Esteri (come in effetti accadrà un anno dopo), si reca in visita ufficiale in Israele e a conclusione della visita a Yad Vashem (il museo della shoah di Gerusalemme) con la kippà in testa, alla domanda se dell’epoca del male assoluto fa parte anche il fascismo, risponde con assoluta naturalezza: «Certo. Nel male assoluto rientra tutto ciò che abbiamo visto oggi allo Yad Vashem. C’è un dovere della memoria, un dovere di denunciare le pagine vergognose che ci sono nella storia del nostro passato. Si deve capire la ragione per la quale l’ignavia, l’indifferenza, la complicità fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo».

La fermezza nelle posizioni è memorabile.
Il 15 marzo del ‘93, in occasione del primo referendum sul sistema elettorale, dice: «L’uninominale è un sistema elettorale voluto dalla DC, dal PSI e dal PDS, dalla cupola della Confindustria e dal potere sindacale per salvare il regime partitocratico e riciclare i partiti sepolti da Tangentopoli.
Il risultato, se vinceranno i sì al referendum-truffa, sarà la fine dell’unità nazionale e l’Italia spaccata in tre: un Nord leghista, un Centro di sinistra e un Meridione democristiano e mafioso» dice.
Un anno dopo, il 16 maggio ‘94, contrordine: «Noi siamo per l’uninominale pura a turno secco, all’inglese».
Con Bossi sono insulti e reciproche retromarce.
Così il suo giudizio sul «senatùr»: «Occhetto è l’avversario, Bossi il nemico. Non accetteremo mai nessun accordo tecnico con la Lega» proclama nel febbraio del 1994.
Due mesi dopo ci va al governo insieme.
«E’ un criminale. Un ubriaco. Un animale. Con lui non prenderò mai più neppure un caffè» dice dopo il ribaltone del ‘95.
Ma nel 2001 è di nuovo al governo con la Lega e nel 2003 firma proprio con Bossi la nuova legge sull’immigrazione, che dovrebbe rendere più difficile la permanenza agli immigrati clandestini.
Non ha ancora finito di raccogliere consensi e proteste che, qualche mese dopo, clamorosamente, propone una legge per dare alle elezioni amministrative il voto agli immigrati.
I militanti di AN insorgono, lui li snobba.
Nel febbraio 2006, inserita nel pacchetto sicurezza per le Olimpiadi invernali Torino 2006, fa approvare una modifica al DPR numero 309/1990, che rende la disciplina dell’uso di stupefacenti più restrittiva.
Con quale faccia non si sa, se qualche settimana prima, ospite di Fabio Fazio, aveva raccontato: «Anch’io ho provato uno spinello. Sono stato rimbecillito per due giorni: è successo in Giamaica insieme ad alcuni amici».
Ci sarebbe molto da eccepire, a partire dalla questione dei due giorni…
Alleanza Nazionale nasce rivendicando il sostegno ai valori cristiani e crea pure una Consulta etico-religiosa, di cui è presidente Gaetano Rebecchini.
Ma al primo appuntamento in cui occorre serrare le fila, il referendum sulla fecondazione assistita nel giugno 2005, Gianfranco Fini, il presidente di AN si smarca, prende tutti di sorpresa e dichiara - in coppia con la forzista Prestigiacomo - di votare tre sì all’abrogazione.
I suoi sono sconcertati.
Rebecchini si autosospende, Alemanno si dimette da vicepresidente, Mantovano se va dall’esecutivo politico.
Qualcuno lo accusa di avere abbandonato la «croce» per il «compasso».
Lui minaccia querele.

Quest’anno sembrava essere un anno sabbatico, ma il nostro coglie tutti di sorpresa e infila un altro dei suoi memorabili affondo in piena zona Cesarini.
Sul numero 52 dell’Espresso, in edicola, sul tema coppie di fatto dichiara : «Premesso che il diritto naturale e la Costituzione dicono che l’unica famiglia è quella fondata sul matrimonio, dobbiamo necessariamente prendere atto che nella nostra società ci sono forme di convivenza e di unione non assimilabili alle famiglie. La grande maggioranza degli italiani costruisce una famiglia, ma solo un ottuso può dire che non esistono altre realtà».
L’intervistatore gli chiede: «E’ una questione privata? O serve una legge?»; lui risponde: «Se ci sono diritti o doveri delle persone che non sono tutelati perché fanno parte di un’unione e non di una famiglia servirà un intervento legislativo per rimuovere la disparità. Ma aspetto di vedere se davvero il governo presenterà questo disegno di legge. Ho molti dubbi che riesca a farlo». L’intervistatore allora lo incalza: «Una legge che vale anche per i gay?».
«Naturalmente - precisa Fini - quando parlo di persone mi riferisco a tutti».
«Cuore», il settimanale satirico diretto da Michele Serra, quando nel 1993 si consumò lo scontro al ballottaggio con Rutelli per la conquista della carica di sindaco di Roma, gli dedicò un titolone folgorante, facendogli dire: «Voto Rutelli. Questi fascisti mi fanno paura».
Il sommario diceva: «Mi sento anche un po’ extracomunitario, ebreo e comunista, per non parlare delle mie nuove tendenze omosessuali».
E noi che pensavamo fosse satira…

Domenico Savino

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Forza Nuova Pavia contro il campo nomadi